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Il mio datore di lavoro svizzero può pagarmi il salario in euro?

Uomo che passa degli euro in banconota ad un altro uomo.

Lo stipendio di ogni lavoratore assunto in Svizzera, normalmente, dovrebbe essere corrisposto in franchi svizzeri e fino a un certo punto della storia economica della Confederazione è stato così. Stiamo parlando di una consuetudine, sia chiaro, non della legge (per cui rimandiamo al paragrafo corrispondente più in basso).

L’ipotesi di un pagamento in altre valute, nata soprattutto in relazione ai lavoratori frontalieri, è sempre riemersa nell’opinione pubblica seguendo l’andamento dei flussi di cambio. Questo anche ai tempi della lira, quando il cambio era sfavorevole per le aziende svizzere che, quindi, avrebbero risparmiato non poco versando i salari in lire ai frontalieri che dall’Italia venivano a lavorare nella Confederazione (per lo più in Ticino).

Quel caso specifico avvenne negli anni ’90, salvo poi andare a morire quando la lira si riprese sul franco a ridosso dell’avvento dell’euro.

In tempi più recenti, l’eliminazione del cambio fisso a 1,20 franchi per un euro imposto dalla Banca Nazionale Svizzera del gennaio 2015 ha riportato in auge l’argomento: molte aziende a ridosso della frontiera hanno proposto ai propri dipendenti il cambiamento del contratto, toccando proprio il salario e “fissando” una cifra in euro al posto dei franchi.

Queste misure, ufficialmente, sarebbero state prese per conservare i posti di lavoro ed evitare licenziamenti, di fatto “chiedendo” ai dipendenti di contribuire agli sforzi delle aziende con una piccola diminuzione di salario, oppure lavorando di più allo stesso stipendio.

Stipendi ai frontalieri in euro: cosa dice la legge

Ma cosa dice la legge in merito ai pagamenti degli stipendi? Si può ricevere il salario in euro pur essendo assunti in aziende elvetiche?

L’articolo 323b del libro quinto (Diritto delle obbligazioni) della Legge federale
di complemento del Codice civile svizzero indica che:

Il salario in denaro è pagato in moneta legale durante il tempo di lavoro, in quanto non sia diversamente convenuto o d’uso; al lavora­tore è consegnato un rendiconto.

Quindi, se le due parti sono d’accordo, il salario può essere corrisposto al lavoratore frontaliere in una valuta che non è il franco svizzero. Come l’euro, appunto.

Va sottolineato, però, che se i dipendenti sottostanno a un contratto collettivo di lavoro (CCL), il codice delle obbligazioni esclude delle deroghe ai contratti sfavorevoli ai salariati. Se, dunque, l’euro è debole nei confronti del franco, il salario in euro ai frontalieri sarebbe una discriminazione rispetto ai colleghi svizzeri: interpretando alla lettera la legge, dunque, in questo caso è vietato.

Per le categorie professionali per cui non esiste un CCL la situazione è più fumosa. Come regola generale resta il fatto che le due parti dovrebbero essere d’accordo, mentre la rescissione unilaterale di un contratto in essere in franchi violerebbe l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, il quale impedisce ogni discriminazione dei lavoratori in seno all’Unione Europea.

Il consiglio, in questo caso, è di non avere fretta di firmare un contratto di lavoro. È sempre meglio prendersi del tempo per riflettere, in quanto accettare un nuovo contratto di lavoro impone l’accettare tacitamente le condizioni in esso contenute. Anche e sopratutto in termini di salario.

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