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Frontalieri: un universo demografico in movimento

La stazione di Chiasso, appena dopo il confine tra Italia e Svizzera

Gente che va, gente che viene. C’è sempre un gran movimento di persone tra i comuni di frontiera italiani e i cantoni svizzeri più vicini. In questo caso, tuttavia, non stiamo parlando delle migliaia di frontalieri che ogni giorno attraversano il confine ma dei cambiamenti demografici che questo movimento genera.

Non si tratta solo, come automaticamente saremmo portati a pensare, di italiani che lavorano in svizzera. Ci sono anche abitanti del Canton Ticino che si trasferiscono in Italia ma continuano a lavorare in Svizzera. Perché il frontalierato, anche se ostacolato dal governo italiano, rimane vantaggioso, se non altro perché vivere in Italia con uno stipendio svizzero è più facile.

A Porlezza +16% di abitanti in venti anni

Mentre la demografia italiana segna da alcuni anni un inesorabile declino e la popolazione della città di Milano in venti anni è rimasta praticamente invariata (è però cresciuta quella dell’area metropolitana), il piccolo comune di Porlezza, affacciato sul Lago di Lugano sponda italiana, ha raggiunto quota 5.000 abitanti. In venti anni, come testimonia il sindaco Sergio Erculiani, la popolazione è cresciuta del 17%.

Il trend è comune ad altri Paesi vicini alla Svizzera e non è ovviamente determinato da un aumento della natalità. Ad aumentare gli abitanti è stato il fenomeno del frontalierato.

Nonostante la tassa sulla salute, nonostante la revisione sfavorevole dell’accordo tra Italia e Svizzera, nonostante un solo giorno di smart working permesso ogni settimana (per i frontalieri francesi sono due), vivere nel Belpaese conviene.

Oltre al minore costo della vita i comuni di frontiera cercano di attrarre frontalieri per beneficiare di “ristorni” più consistenti. I ristorni sono la parte di tasse pagate dai frontalieri in Svizzera che viene riversata, secondo gli accordi, nelle casse dei comuni e degli enti di frontiera. Possono accedervi i comuni che ospitano il 3% minimo di lavoratori frontalieri. Anche in questo caso Porlezza rappresenta l’esempio didascalico avendo incassato ben 1,6 milioni di euro di ristorni, oltre 320 euro per abitante.

Il confronto tra i passaggi da residente a frontaliere e viceversa – Fonte: SwissLongitudinal Demographic Database, Ufficio di statistica

Il fenomeno dei frontalieri svizzeri

A dare manforte al grande movimento tra i confini di Italia e Svizzera ci sono gli stessi abitanti del Canton Ticino. Una ricerca dell’Ufficio di statistica del Cantone (Ustat) ha evidenziato che, nel 2020, 836 residenti sono divenuti frontalieri, il 42,4 % in più rispetto al 2013 mentre il passo contrario, ovvero i frontalieri divenuti residenti nel Cantone sono diminuiti del 43,8 % a 869.

Le ragioni dell’incremento di residenti che si trasferiscono in Italia per diventare frontalieri sono, sempre secondo la ricerca “I flussi tra residenti e frontalieri. Quando sono duraturi i cambi di residenza”: divario del costo della vita, evoluzione favorevole del tasso di cambio euro-franco, la tassazione agevolata della manodopera pendolare, i diversi valori degli immobili e il non dover pagare i salati premi assicurativi per il servizio sanitario.

Il flusso dal Cantone all’Italia non appare tuttavia stanziale. Lo studio dell’Ustat condotto su 3.303 persone che dal Ticino sono diventate frontalieri tra il 2013 e il 2017 ha evidenziato che solo il 49,8% ha mantenuto la situazione invariata, il 24,1% ha abbandonato l’attività lavorativa in Svizzera e quindi si è trasferito completamente all’estero e il 21,6% è tornato a vivere in Ticino.

“L’introduzione del nuovo accordo ­fiscale sui frontalieri, nonché la crescente possibilità di svolgere telelavoro, assieme ad altre dinamiche come la carenza di manodopera, potrebbero modifi­care ancora queste tendenze” specifica la ricerca.

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