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Thomas Jordan lascia la guida della SNB, scende il franco svizzero

Il presidente dimissionario della SNB Thomas Jordan

Il presidente della Banca centrale svizzera, Thomas Jordan, ha rassegnato le dimissioni dal proprio incarico a far data dal prossimo 30 settembre. Lo ha reso noto l’istituto centrale basato a Berna in un comunicato in cui non vengono rese note le motivazioni della decisione ma si esprime rammarico e si porgono ringraziamenti per l’impegno nel perseguire una politica monetaria votata alla stabilità.

Jordan, che ha commentato la sua scelta ricordando il privilegio di aver guidato la Swiss National Bank per dodici anni nell’interesse del Paese, aveva assunto ufficialmente l’incarico il 18 aprile 2012, dopo aver sostituito nei primi mesi Philipp Hilderband. Il suo predecessore fu costretto a lasciare in seguito ad alcune controversie su delle operazioni valutarie effettuate dalla moglie.

Thomas Jordan lascia la SNB dopo 26 anni

L’ingresso di Thomas Jordan in SNB risale a 26 anni fa, ovvero al 1997. Nell’istituto centrale elvetico ha ricoperto numerosi incarichi fino alla nomina nel ruolo di presidente, a partire dal gennaio 2012. Impegnato in uno dei periodi più difficili della storia recente, ha dovuto superare la crisi dei debiti sovrani in alcuni Paesi dell’eurozona, la fase dei tassi a zero, la risalita dell’inflazione e il salvataggio del Credit Suisse. Proprio quest’ultima decisione è stata una di quelle più complesse da prendere e ha suscitato numerose polemiche.

Il Credit Suisse, in crisi da diversi anni, rischiò di capitolare definitivamente a inizio 2023. Il collasso del secondo gruppo bancario svizzero avrebbe potuto travolgere l’intero sistema e così la Banca centrale e il suo presidente si spesero per favorire un salvataggio da parte della rivale UBS, cosa che poi avvenne al prezzo di 3 miliardi di dollari.

“Un eventuale fallimento di Credit Suisse (CS) avrebbe avuto gravi conseguenze per la stabilità finanziaria nazionale e internazionale, nonché per l’economia svizzera: rischiarlo sarebbe stato irresponsabile” disse Jordan al tempo.

Ma probabilmente la scelta più importante e discussa, quella che tutti coloro che lavorano con i cambi valutari ricordano, fu l’eliminazione a sorpresa del minimo a 1,20 del cambio eur-chf. Dopo aver ribadito in più occasioni e fino a pochi giorni prima l’intenzione di difendere la soglia dalle pressioni al ribasso del mercato, il 15 gennaio 2015 la SNB annunciò la capitolazione e lasciò libero di oscillare il cambio. Vi fu un deprezzamento immediato dell’euro fino a 0,85, con pesanti perdite per le società esportatrici e per i numerosi investitori che facevano affidamento sulla sua indefettibilità.

La reazione del cambio eur-chf

Nell’ultima seduta della settimana il cambio tra euro e franco svizzero ha registrato un sensibile apprezzamento di 75 punti base. Il cross è passato da 0,9523 del 29 febbraio a 0,9604 dei massimi odierni. Si tratta di livelli mancanti da 3 mesi ossia dal novembre 2023.

Si tratta di una accelerazione in un trend che ha visto la valuta unica recuperare nei confronti del franco. Da inizio febbraio la valuta unica europea si è rivalutata di quasi il 3%, dai minimi di periodo segnati l’1 febbraio a 0,9306.

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